Se tutto andrà secondo i piani, l’inizio del 2026 segnerà la nascita dell’euro digitale, la versione elettronica della moneta della Banca Centrale Europea, con corso legale al pari delle banconote.

📜 Il Regolamento europeo è atteso per fine 2025. Ma i prossimi sei mesi saranno decisivi: nodo politico, nodo tecnico e trilogo dovranno incastrarsi alla perfezione per portare a termine il processo legislativo.

Che cos’è l’euro digitale?

Un mezzo di pagamento elettronico gratuito, sicuro, accessibile anche offline, pensato per rafforzare la sovranità monetaria europea, oggi minacciata dalla dipendenza da circuiti extra-UE (Visa, Mastercard, Apple Pay…) e dall’avanzata di stablecoin in dollari.

💳 Solo 7 Paesi dell’Eurozona su 20 hanno un circuito nazionale di carte. Gli altri dipendono totalmente da operatori non europei. L’euro digitale sarà la base per costruire un’infrastruttura europea dei pagamenti più autonoma e innovativa.

Tre sono le questioni aperte:

  1. Compensazione per intermediari e commercianti: si cerca un equilibrio per non scaricare costi sul sistema, mantenendo la gratuità per cittadini e tutelando gli esercenti.
  2. Limiti al possesso individuale: per evitare una fuga dai depositi bancari e tutelare la stabilità finanziaria.
  3. Sovranità e sicurezza: il rischio non è l’euro digitale, ma la concorrenza di strumenti non regolamentati o garantiti da altre banche centrali (come i possibili stablecoin USA garantiti dalla Fed).

🧠 La BCE ha già preso posizione: nessuna tutela o accesso per riserve crypto e stablecoin nel sistema dei pagamenti istantanei europei.

🕰 Il tempo stringe. Come ha ricordato anche Piero Cipollone, membro del Comitato esecutivo BCE: “partiamo subito, prima che sia troppo tardi”.

Nota: non dovresti vedere l’euro digitale solo come una moneta o una sua “semplice” evoluzione. È una leva strategica per l’innovazione digitale europea. E per il settore privato, sarà una piattaforma su cui costruire nuovi servizi, nuovi prodotti e nuova fiducia.

Detto questo però… che cosa succede nel resto del mondo?

Negli USA, il dollaro digitale non si farà. Sia Jerome Powell, presidente della Federal Reserve, sia Donald Trump – oggi di nuovo al centro della scena politica – si oppongono fermamente a un progetto di Central Bank Digital Currency (CBDC). Le ragioni sono diverse, ma la conclusione è la stessa.

Powell non ne vede l’utilità e sottolinea i rischi per la privacy e la sicurezza, oltre all’assenza di un mandato politico chiaro. Trump, invece, ci mette del suo: considera una valuta digitale di Stato una minaccia liberticida, quasi una distopia alla “Guerre Stellari”, e ha firmato un ordine esecutivo per bloccarne qualsiasi sviluppo. Insomma, niente dollaro digitale: avanti pure le stablecoin private, ma il controllo statale sulla moneta resta tabù.

Mentre in America si discute, la Cina agisce. Pechino ha avviato già dal 2014 lo sviluppo dello yuan digitale (e-CNY), oggi operativo in molte città e persino in alcune transazioni internazionali, come quelle con Singapore.

Spinta da un ecosistema ultra-digitalizzato (grazie a colossi come Alipay e WeChat Pay), la Cina usa la sua valuta digitale per rafforzare il controllo interno, aumentare la tracciabilità dei pagamenti e – nel lungo termine – sfidare la supremazia del dollaro nel commercio globale. La strada è ancora lunga, ma la direzione è chiara: lo yuan digitale è uno strumento strategico per potere economico e geopolitico.

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