Bitcoin ha sfondato quota 122.000 dollari, ma questa volta non è l’hype retail a spingere il rally: è il mondo istituzionale.

Gli afflussi verso gli ETF spot hanno superato i 55 miliardi di dollari, mentre negli USA si fa strada una regolamentazione chiara sugli asset digitali. È la “Crypto Week” al Congresso, con tre provvedimenti che potrebbero andare a ridisegnare il settore:

🔹 Il Genius Act, che legittima le stablecoin ancorate al dollaro;
🔹 Il Clarity Act, che separa security e commodity, riducendo il potere discrezionale della SEC;
🔹 L’Anti-CBDC Surveillance State Act, che vieterebbe alla Fed di lanciare una valuta digitale.

Il contesto macro è favorevole: l’appetito per il rischio torna, i mercati volano con l’AI, e Bitcoin, ora con 2.382 miliardi di capitalizzazione, supera Meta, Berkshire e Tesla, avvicinandosi ad Amazon.

E mentre la retail mania è assente (le ricerche Google su Bitcoin sono ai minimi), il grande capitale si posiziona.

Ma non mancano ovviamente le ombre: l’intreccio tra Trump e l’industria cripto solleva dubbi etici. La sua famiglia sostiene una stablecoin privata, mentre lui promette leggi pro-cripto. Coincidenze? Ma dai.

Certo è che Bitcoin oggi non è più solo copertura contro l’inflazione. È diventato un asset strategico nel portafoglio degli investitori istituzionali, in un’epoca di incertezza fiscale e debito fuori controllo.

La narrativa è cambiata. E forse, anche il sistema.