Dopo l’AI generativa, tocca agli agenti intelligenti: il prossimo salto evolutivo per le imprese italiane si chiama AI agentica.

Parliamo di sistemi autonomi in grado di pianificare, agire e adattarsi in modo proattivo, apprendendo dai dati e collaborando tra loro. Non più solo automazione o supporto decisionale, ma intelligenze operative che possono trasformare supply chain, finance, HR, customer service e molto altro.

Secondo il report Capgemini “AI in action”, il 60% delle aziende italiane ha già definito una roadmap per scalare l’adozione dell’AI. Ma mentre il mondo corre (21% delle big globali usa già agenti AI, il doppio rispetto al 2023), in Italia solo l’1% ha adottato soluzioni di AI agentica. Un altro 43% ci sta lavorando per i prossimi 2–3 anni.

Che cosa ci frena? La scelta tra sviluppo interno o modelli di mercato, la gestione dei dati, la sensibilità sul ROI. Ma i cambi deveno essere pianificati, ragionati, programmati e riguardano mentalità, processi, competenze e tecnologie.

Gli agenti AI di base promettono:

  • -30% di costi operativi
  • +44% di soddisfazione del cliente
  • fino al 40% di risparmio su finance & accounting
  • gestione del 68% delle interazioni di customer support entro il 2028 (Cisco)

Le industrie più attive? Manifatturiero, hi-tech, pharma, energia, retail, assicurazioni e banche.

Come ha spiegato Eva Terni (Capgemini) al Sole 24 Ore: “Le aziende stanno passando dalla sperimentazione all’industrializzazione. Serve però un cambio di mentalità profondo”.

Dobbiamo sempre accelerare, cambiare di passo. E’ una situazione, forse fisiologica, forse no, dove ci troviamo sempre.

L’Italia è ancora all’inizio, ma la consapevolezza cresce. Come ha detto Stefano Sperimborgo (Accenture):

“Gli agenti sono la nuova workforce, affiancano gli umani e permettono di reimmaginare i processi. La loro architettura sarà una priorità per tutte le grandi imprese”.

Tirèmm inànz.

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