Svolta storica per il mondo delle criptovalute. Negli Stati Uniti, il Congresso ha approvato in via definitiva il GENIUS Act, la prima legge federale a regolamentare l’emissione di stablecoin, ovvero quelle criptovalute ancorate al valore del dollaro. Firmata dal presidente Donald Trump la norma sancisce l’apertura americana verso la digitalizzazione monetaria privata.
Tutti ad applaudire e a strapparsi le vesta: il ceo di Bank of America ha dichiarato che l’istituto sta seriamente considerando il lancio di una propria stablecoin, mentre JPMorgan e Citigroup hanno espresso entusiasmo per la chiarezza normativa. Parallelamente, la capitalizzazione complessiva del mercato cripto ha sfiorato i 4.000 miliardi di dollari, spinta da un Bitcoin tornato sopra i 122.000 dollari e da un Ethereum in crescita del 20% settimanale, che ha superato i 3.600 dollari. Anche gli ETF su asset digitali segnano nuovi record: 5,5 miliardi raccolti su Bitcoin solo a luglio, 2,9 miliardi su Ethereum.
Il boom delle stablecoin, emesse in larga parte su blockchain Ethereum, alimenta una nuova domanda per il token ETH, utilizzato per pagare le fee di rete. Secondo Citigroup, questo mercato potrebbe crescere da 260 a oltre 3.700 miliardi di dollari entro il 2030, trasformando il ruolo delle criptovalute nei pagamenti globali e nelle riserve aziendali.
Ma dietro l’entusiasmo emergono anche le prime fratture. Il Congresso ha approvato anche il Clarity Act, per distinguere tra asset digitali da trattare come commodity o security, e l’Anti-CBDC Surveillance State Act, che vieterebbe alla Federal Reserve di emettere una propria valuta digitale. Quest’ultimo provvedimento, fortemente simbolico, potrebbe essere collegato alla legge per la difesa nazionale per garantirne il sostegno al Senato.
La visione americana si distanzia così da quella europea: mentre la BCE accelera sull’euro digitale, gli USA puntano su stablecoin private per proiettare il dollaro nell’era digitale e rafforzarne il ruolo internazionale, anche in risposta al crescente disimpegno dei Brics verso la valuta statunitense.
Non mancano però le polemiche politiche. Sotto i riflettori è finita la piattaforma World Liberty Financial, che ha lanciato la stablecoin USD1 e che, secondo documenti pubblici, avrebbe legami diretti con la famiglia Trump. Il presidente avrebbe guadagnato oltre 57 milioni di dollari nel 2024 grazie alla vendita di token legati al progetto. Nonostante una clausola del GENIUS Act vieti ai membri del Congresso di trarre profitto dalle stablecoin, il divieto non riguarda il presidente. Si riaccende così il dibattito su conflitti d’interesse, trasparenza e confine tra innovazione e potere.
Al netto delle tensioni, un dato è evidente: si è chiusa la stagione della repressione normativa. Si apre l’era della convergenza tra finanza tradizionale e cripto, ma con essa emergono nuove sfide. Investire in criptovalute resta un’operazione ad altissimo rischio, in un mercato popolato da oltre 18 milioni di token. Distinguere tra progetti solidi e hype speculativi diventa cruciale. Un bel macello.
Bitcoin si conferma unico nel suo genere per struttura e visione, Ethereum torna protagonista come infrastruttura decentralizzata, mentre le stablecoin offrono stabilità ma pongono interrogativi politici e monetari. E poi c’è il mondo Web3, ricco di promesse, e quello delle memecoin, dove il confine tra satira, marketing e truffa o fuffaè sempre più sottile.
Come ha ricordato il presidente della Consob, Paolo Savona, “il risparmio degli italiani rischia di essere attratto da aspettative di facili guadagni, allontanandosi dall’economia reale”. La vera sfida sarà costruire un equilibrio tra libertà di innovare, tutela dei risparmiatori e nuovo ordine finanziario globale.