I buoni pasto sono una gran cosa ma il 48% dei lavoratori ci paga tra la metà e l’80% del conto. Nelle grandi città è impossibile arrivarci a mangiare veramente. Un panino, un’acqua e un caffè se va bene ma non è che sia proprio la migliore delle alimentazioni.

Il costo medio per la pausa pranzo? Circa 11 euro, mentre il valore medio del buono pasto è un modesto 6,75 euro. Alcuni esercizi commerciali, stufi delle alte commissioni che in media raggiungono l’11% con punte intorno al 15%%, rifiutano i buoni pasto, preferendo forse clienti che pagano con denaro contante.

Ad ogni buon conto alla fine del 2023, sono circa 3,5 milioni i lavoratori che hanno utilizzato i ticket per la loro pausa pranzo. O che, almeno, dovrebbero. Già perchè i ticket restaurant vengono utilizzati principalmente per fare la spesa al supermercato (89%!), nei negozi di generi alimentari (22%) e solo dopo al bar o alla tavola calda (19%) e nei ristoranti (16%).

Offerti da oltre 150.000 imprese e accettati da più di 170.000 esercizi convenzionati sono a tutti gli effetti uno strumento di pagamento digitale (solo poco meno del 10% è rimasto cartaceo), non concorrono a formare il reddito imponibile fino a 8 euro al giorno per i buoni digitali e 4 euro per quelli cartacei. Ma ecco il colpo di scena: la senatrice Paola Mancini propone di aumentare l’importo esente a 10 euro giornalieri. Chissà se lo vedremo mai accadere.

Nel 2024, il 67% dei beneficiari vede i buoni pasto come fondamentali o molto importanti. Gli esercizi che li accettano sono scelti da 1 cliente su 4, specialmente nel Sud e nelle Isole e il 60% dei commercianti pensa che i buoni pasto attirino clienti e rendano la loro attività più competitiva. Forse un giorno ci renderemo conto che un sistema basato sui buoni pasto è solo un sintomo di problemi più profondi nel nostro mercato del lavoro. Ma fino ad allora, buon pranzo a tutti!

Fonti: IlSole24Ore, BVA Doxa, Altis-Università Cattolica per Anseb (l’Associazione nazionale delle società emettitrici di buoni pasto, che rappresenta l’85% del mercato nazionale).